Marco paolini "vietato" a Treviso

Comincia ad essere un buon soggetto per una pièce teatrale. Ieri il prosindaco di Treviso Giancarlo Gentilini, che da anni si oppone alla presenza di Marco Paolini in città, ha fatto marcia indietro e ha dichiarato: "Sono sempre qua, ricevo tutti sette giorni su sette, giorno e notte. Se Paolini vuole venirmi a trovare, io ci sono. Così parliamo e, magari, ci andiamo a prendere un'ombra di prosecco in piazza". Giuseppe Baresi, co-regista insieme all’artista bellunese delle sedici puntate di "Gli album di Marco Paolini", ha parlato di atteggiamento fascista della Lega. Per Dario Fo il comportamento di Gentilini "è inaccettabile in un paese libero e che vuol essere democratico". Per Andrea Zanzotto si tratta di un salto fuori dal tempo e dalla storia, "ma d'altra parte la Lega è questo". Il senatore della Lega Piergiorgio Stiffoni di rimando ha dichiarato che non spenderebbe i soldi del Comune né per Paolini né per Dario Fo. Marco Paolini, invece, sceglie la strada del silenzio e "non se miscia".

Tutto comincia sette anni fa, quando Marco Paolini appoggiò la protesta degli orchestrali del Teatro comunale di Treviso che si opponevano alla chiusura dell’ente decisa da Gentilini, allora sindaco della città. Insieme ai musicisti si presentò in mutande in Piazza dei Signori e prese in giro Gentilini anche per via di quelle panchine che aveva tolto dai parchi del centro per evitare che vi si sedessero gli extracomunitari. Non l’avesse mai fatto. Lo "sceriffo", come è soprannominato dalle parti di Treviso, non gliela perdonò e fece in modo che la città da allora in poi diventasse un feudo inaccessibile per l’autore di "Vajont" e "Bestiario Veneto", per ricordare solo due opere.

La condanna all’esilio perpetuo è stata di nuovo ribadita pochi giorni fa, quando l'assessore alla cultura di Treviso, Letizia Ortica di Forza Italia, ha provato a riallacciare i rapporti con l'artista nel corso di una cerimonia pubblica. Si dice che l'iniziativa abbia indispettito non poco Gentilini, fermo nella sua condanna all’esilio perpetuo, in nome del "peccato originale" commesso insieme agli orchestrali. La condanna, però, di fronte alle molte prese di posizione di questi giorni ha iniziato a vacillare e a stingersi: "Non ho nessun livore contro Paolini - ha corretto ieri il tiro il vice sindaco -, forse quella volta non si rese conto di quello che stava portando avanti. Ho chiuso il teatro comunale perché c'era pericolo di crollo".

Non ha ripensamenti, invece, il senatore della Lega Piergiorgio Stiffoni: "Premetto che Paolini io non lo conosco, non ho visto "Vajont", mi sarò anche perso l’opera del millennio, ma io non sono un acculturato di sinistra. Paolini è come un artista dell’antichità, il quale sapeva che schierarsi da una parte o dall’altra l'avrebbe favorito con un signore e non con un altro. Lo stesso vale per Dario Fo, un altro per il quale non spenderei una lira. Un nobel sprecato, per la letteratura qualcun altro meritava di più".

"Vietare una città ad un autore come Marco è un atteggiamento fascista, roba da MinCulPop", taglia corto Giuseppe Baresi, il regista che collabora con Marco Paolini dal 1998 e che ieri è intervenuto sulla querelle da Conegliano durante la manifestazione Antennacinema. "La Lega ha un cattivo rapporto con quello che fa funzionare in modo più profondo il ragionamento. A prima vista certe esternazioni potrebbero essere associate a una forma di ingenuità, ma il pericolo è che riflettano una solida intolleranza, una mentalità per la quale vale il detto: "o con noi o contro di noi". Prima erano i terroni, poi i giornalisti scomodi, adesso gli attori di teatro".

Per Giuseppe Baresi il sindaco di Treviso è solo la punta di un iceberg: "Bisognerebbe continuare ad indagare, come ha fatto Paolo Rumiz nella Secessione leggera, sul perché certe cittadine dove si viveva bene, dove c’era un clima familiare, sono state invase da un malumore organizzato che non ha dietro di sé un progetto politico. Sarebbe interessante andare a sentire le persone della cosiddetta "base", non solo quelle della Lega ma anche le tifoserie delle serie B e C, i giovani dei centri sociali e le compagnie che si trovano ogni sera in osteria o al bar, per comprendere che Italia è questa". Un’idea per il prossimo album di Marco Paolini.

Mario Anton Orefice
(Corriere del Veneto, 8 maggio 2005)